14 gennaio 2014

In Octava Nativitatis: don Marco ci scrive


Al Rev. Sig. Parroco, don Marino Neri,

carissimo confratello nel sacerdozio, permettimi di scriverti queste brevi righe per ringraziarti, a nome mio e degli altri chierici, dell’ospitalità che ci hai concesso nella parrocchia di sant’Antonio Abate a Capodanno.
I motivi del mio ringraziamento sono molteplici. Ne dirò solo due.
Anzitutto è cosa molto bella l’atmosfera di accoglienza e fraternità che abbiamo potuto vivere assieme: sacerdoti, diaconi, seminaristi e consacrati di diversi ordini che si riuniscono in un clima di stima e di festa, per condividere momenti di confronto, di preghiera e di svago. Non è così scontato, nemmeno tra noi preti, riuscire a realizzare simili momenti, tanto più quando a doversi incontrare siano membri di diocesi e congregazioni differenti, quindi bisogna davvero essere grati a Nostro Signore che ha saputo riunirci in armonia e allegria.
Il secondo pensiero, più lungo, va alla solenne Santa Messa in Terzo che abbiamo celebrato nel giorno dell'Ottava della Natività del Signore, la sera del primo Gennaio. Vi ho pensato a più riprese in questi giorni, essa è veramente come quel tesoro di cui parlano i Vangeli, trovato il quale è cosa degna vendere i propri beni pur di appropriarsene. Permettimi di condividere con te e con i tuoi parrocchiani qualche riflessione in merito.
“Era da almeno cinquant’anni che non veniva più celebrata una Messa in Terzo a Linarolo” è quanto hai detto tu stesso durante l’omelia, ma alcuni parrocchiani – penso al sig. Giovanni, con una lunga esperienza di chierichetto quando ancora non era arrivata la nuova forma della Messa di Paolo VI – mi hanno assicurato che fosse la prima cui assistevano nella loro vita. La cosa è molto probabile: per quanti bravi chierichetti ci fossero a Linarolo, è difficile che la Messa in Terzo venisse realizzata in una Parrocchia di paese: per celebrarla servono infatti non solo molti chierichetti, ma molti chierici, cioè preti, diaconi e seminaristi. Pensavo a questo e mi rallegravo, non solo perché abbiamo fatto dono ai tuoi parrocchiani di un rito venerabile, bello e raro, ma anche perché con esso gli abbiamo donato una celebrazione che in se stessa esprime sintonia e unità tra chierici, tra sacerdoti.
Il secondo pensiero me lo offre una signora, che al termine della cerimonia mi ha confidato come questa Messa, così particolare e ormai inusuale, le fosse parsa una “bella pantomima”. Non ho capito se si trattasse di una critica o di un complimento. Che una liturgia sia curata e bella è certo un complimento da raccogliere a piene mani, dato che – ahinoi – di liturgie brutte se ne vedono non poche in giro. Definire poi la Messa in Terzo una pantomima, non è proprio una maniera rispettosa di trattare la sacra liturgia della Chiesa, ma a suo modo mi ha aiutato a comprendere meglio la ricchezza e il tesoro di insegnamenti che la forma liturgica tradizionale continua a trasmetterci: la Messa tradizionale, sia per il fatto di aver conservato il latino, sia per l’esser scandita da una sequenza molto curata e articolata di gesti e movimenti, è un rito che parla attraverso l’azione, e che invita il fedele non tanto a pensare e a parlare quanto a immedesimarsi nella sapienza armonica dei gesti che rendono quasi “palpabile” l'Eterno.
Ho capito meglio in che senso il Pontefice emerito, Benedetto XVI, invitasse alla riscoperta dell’antico rito quale tesoro prezioso e fonte di rinnovamento anche per il nuovo rito. Davvero celebrare col tradizionale rito latino non è un salto indietro nel tempo, né una nostalgia medievale o tantomeno un atto preconciliare, al contrario è un balzo verso il futuro, per una crescita spirituale più abbondante e pienamente in sintonia con quanto lo Spirito ci dice oggi. Non può esserci contrapposizione tra una “Chiesa di prima” e una “chiesa post-conciliare”, ma vi deve essere armonia  piena nel perenne fluire della Tradizione cattolica umilmente accolta, celebrata e vissuta.
E ancora vorrei soffermarmi su due spunti molto belli che ci hai lasciato, sempre nel corso della tua omelia, aiutandoci a capire in dettaglio il senso della Messa in Terzo.
Ci hai indicato anzitutto la ragione del nome di questa Messa. E’ detta “in Terzo” perché ci sono tre chierici sull’altare: il Prete al centro, il Diacono a destra e il Suddiacono a sinistra;  tutti e tre vestiti col medesimo colore, e pressoché sempre uniti e coordinati tra loro in ogni movimento della funzione. E’ la ricchezza del sacerdozio che si dispiega e si manifesta: il Prete assume l’onere di guidare il Santo Sacrificio in tutta la sua complessità, quale capo e pastore, impersonando Cristo stesso, ma il Santo Sacrificio si compone di molti e ricchi strati che si riflettono e manifestano nei gesti degli altri due ministri. Esso è preparato dall’annuncio dei profeti e dalla predicazione degli apostoli: ecco dunque il Suddiacono che si porta a cantare l’Epistola; viene svelato in pienezza nei Santi Vangeli, la cui proclamazione è affidata in modo solenne al Diacono; infine si realizza sull’altare, dove il pane (custodito dal Suddiacono) e il vino (consegnato dal Diacono) vengono portati al Celebrante e da questi consacrati per essere Corpo e Sangue di Cristo.
Un secondo elemento, più immediato e a tutti evidente, è la bellezza, la cura, l’armonia e la pace che viene comunicata dai movimenti precisi e morbidi dei tre chierici e degli altri chierichetti. A me ricordano sempre l’eleganza dei pianeti che danzano nell’universo. Tu ci hai insegnato che questa bellezza vuol dire molto di più: è anticipazione della gloria del Paradiso, imitazione umana dello splendore divino. Un che di estatico, insomma. Ecco perché questa Messa sembra scorrere tanto velocemente, capace di rapire anche i bambini più distratti e vivaci, e poi rimane per giorni e giorni nella mente e nel cuore.
E’ tutto quanto avessi da dirti. Mi sono permesso di scrivertelo con questa lettera pubblica, usando un linguaggio non sempre preciso, perché volevo che anche i tuoi parrocchiani, che hanno pregato con noi in modo fervente e devoto, potessero conoscere i miei sentimenti. Sentimenti di amicizia e stima verso di te, sentimenti di gratitudine verso l’intera Parrocchia di sant’Antonio Abate, sentimenti di incoraggiamento a coltivare sempre più le ricchezze liturgiche e dottrinali della nostra amata Madre Chiesa, perché attingendo a piene mani dai suoi doni, possiamo essere tutti come il padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche (Mt 13,52).
Il Signore vi ricolmi di benedizioni e di vocazioni in questo nuovo anno!

Cordialmente,
don Marco Begato